Linguaggio Inclusivo nella Certificazione Parità di Genere: un percorso di consapevolezza e cambiamento
Negli ultimi mesi, ho avuto l’opportunità di affiancare un’importante impresa manifatturiera tessile, il Gruppo Piacenza, in un percorso di formazione sull’utilizzo del linguaggio inclusivo in vista della certificazione per la parità di genere (normativa UNI/PdR 125:2022). La normativa rappresenta uno standard per le aziende che desiderano promuovere politiche di equità tra uomini e donne e costruire un ambiente di lavoro caratterizzato da pari opportunità per ogni Persona, indipendentemente dal genere, dalla provenienza sociale o dal background culturale. La certificazione non deve essere un mero attestato, ma un impegno tangibile verso una cultura aziendale inclusiva e rispettosa delle differenze. Con il Gruppo Piacenza, si è deciso di progettare un percoso breve ed efficace. Il percorso è stato in grado di coinvolgere in modo trasversale una buona parte delle popolazione aziendale ed aprire un dialogo di confronto e consapevolezza sui temi di pari opportunità, stereotipi e bias cognitivi, evoluzione del linguaggio.
Inclusività e linguaggio: il ruolo della Certificazione UNI/PdR 125:2022
La UNI/PdR 125:2022 definisce linee guida e indicatori specifici che le aziende devono rispettare, coprendo ambiti come la leadership inclusiva, l’equità retributiva e la prevenzione delle discriminazioni. Nel percorso di certificazione, la formazione sul linguaggio inclusivo può avere un ruolo cruciale nel cambiamento culturale, in quanto pone domande e solleva riflessioni sull’uso comune che facciamo delle parole, agendo sulla cultura organizzativa a tutti i livelli aziendali. Il linguaggio rappresenta il nostro modo di vedere il mondo, una finestra sul nostro pensiero: può includere o escludere, e, se utilizzato inconsapevolmente, rischia di perpetuare discriminazioni invisibili.
Nelle sessioni di formazione realizzate per il Gruppo Piacenza, che conta circa 600 addetti, abbiamo esplorato come i nostri bias cognitivi e i pregiudizi inconsci possono influenzare la nostra percezione e, di conseguenza, il nostro modo di esprimerci. La sospensione del giudizio e la presa di consapevolezza dei nostri bias rappresentano un punto di partenza per il cambiamento: ogni forma di pregiudizio, spesso radicato in modelli di pensiero impliciti e pregiudizi, tendono a consolidarsi nel linguaggio, rinforzando stereotipi che si manifestano in modi di dire, intercalare, battute (apparentemente) di spirito non rispettose delle differenze.
Bias cognitivi e l’evoluzione linguistica, verso un linguaggio inclusivo
Durante la consulenza in azienda, molti partecipanti hanno mostrato una sincera apertura verso il cambiamento, pur evidenziando quanto sia radicata la resistenza all’evoluzione della lingua italiana, lingua viva, in continua evoluzione, che riflette i cambiamenti sociali e culturali.
Uno dei cambiamenti linguistici oggetto di studio, riguarda lo sviluppo di formule più inclusive, tra cui l’abbandono del cosiddetto “maschile sovraesteso” – l’uso del genere maschile come predefinito per indicare gruppi misti o ruoli generici. Stiamo imparando a parlare del genere umano in modo più accurato, abbracciando tutte le identità senza distinzioni di genere, e con una crescente attenzione alla declinazione femminile di molte professioni, generalmente ricoperte da uomini.
Pensiamo a quanto ci sembri naturale dire “infermiere” e “infermiera” per indicare l’uomo o la donna che svolge questa professione e come dire “avvocata”, “architetta”, “sindaca”, “ministra” appare ancora insolito e persino scorretto dal punto di vista grammaticale, anche se non vi è alcun errore linguistico nel suo utilizzo. Questo è un esempio della resistenza che spesso accompagna l’innovazione linguistica, soprattutto quando si tratta di abbattere stereotipi o pregiudizi radicati.
Per approfondire questi temi e capire meglio il ruolo della lingua nell’inclusione, consiglio il libro della socialinguista Vera Gheno “Femminili Singolari. Il femminismo è nelle parole”. Lavoro in cui Gheno esplora come il linguaggio può essere uno strumento potente in grado di rappresentare e rispettare la diversità di genere, sfidando norme che non rispecchiano più la realtà attuale.
Pari Opportunità: non solo una questione di genere
Quando si parla di pari opportunità, tendiamo a pensare solo alla parità tra uomini e donne. Ma cosa significa davvero pari opportunità? È un concetto che va ben oltre il genere e riguarda il diritto di tutte le persone ad avere accesso equo a risorse, diritti e possibilità, indipendentemente da genere, provenienza geografica, orientamento sessuale, o condizioni socioeconomiche. Un’azienda che mira alla vera inclusività non si limita a equiparare uomini e donne, ma lavora attivamente per rimuovere le barriere che limitano la partecipazione e l’inclusione di tutte le diversità.
Conclusioni: Linguaggio Inclusivo nella Certificazione Parità di Genere
Usare le parole in modo consapevole significa riconoscere che il linguaggio può includere o escludere, arricchire o impoverire la realtà. Il nostro vocabolario è uno strumento dinamico e trasformativo, che riflette la nostra identità e ci permette di comunicare con maggiore empatia e comprensione. Un vocabolario inclusivo, infatti, non solo estende la nostra capacità di espressione, ma alimenta una cultura più aperta e rispettosa verso le differenze.
In un percorso di certificazione per la parità di genere, questo approccio è centrale: per costruire un ambiente inclusivo occorre una continua riflessione e una disponibilità a migliorare il proprio linguaggio, liberandolo da pregiudizi e bias inconsci. In questo senso, ogni individuo ha un ruolo fondamentale nella “salute della lingua” aziendale e nella promozione di un linguaggio che sia veramente equo e rappresentativo. Il linguaggio inclusivo richiede la consapevolezza dei nostri pregiudizi, un impegno attivo nel ripulire il nostro modo di parlare e la responsabilità di esprimere pensieri nel rispetto della pluralità di identità ed esperienze. E’ un percorso che richiede tutto lo sforzo legato a qualsiasi percorso di cambiamento culturale.
Coltivare il linguaggio è un modo potente per crescere e migliorare, sia come persone che come professionisti. È un percorso di apprendimento che inizia da ciascuno di noi e si riflette, giorno dopo giorno, in un ambiente di lavoro che non si limita a promuovere la parità di genere, ma valorizza la diversità in ogni sua forma, parola dopo parola.
Se vuoi approfondire o progettare un intervento su misura per la tua organizzazione contattami, sarò lieta di discuterne insieme.