Una parità lontana

«Una cultura del lavoro più inclusiva passa attraverso progetti strutturali a sostegno delle famiglie, superando il limite culturale che vede solo le donne rivestite di questo ruolo. Siamo tutte e tutti “caregiver”, come genitori, ma anche come figli di padri e madri che diventano anziani».

Quali innovazioni possono funzionare?
«Orari flessibili, lavoro agile, quando possibile, strutture come gli asili aziendali, il welfare»

Ma l’inclusione comincia dal linguaggio, per esempio dal modo in cui si formula un’offerta di lavoro alla ricerca di candidati (e di candidate):
«Scegliere parole che evitino il maschile generalizzato è semplice – spiega l’esperta -. Basta optare per il neutro o per le formulazioni al femminile. La parola “avvocata”, ad esempio, esiste. È un primo segno che la nostra porta è aperta anche alle donne, che la ricerca è di una persona brava indipendentemente dal suo sesso».

#8marzo
Grazie alla redazione de La Stampa e a Giampiero Canneddu per aver dato spazio a temi che mi sono cari come professionista e come donna.
Grazie a STEFANO CERETTI per la bella foto.

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